La storia dell'architettura moderna non ci ha tramandato musei, e neppure cucine... Certo, due giganti, due matamoros si sono dedicati ai musei: Frank Lloyd Wright e Le Corbusier. Sia il Guggenheim che il museo a crescita illimitata funzionano sulla continuità del movimento: il percorso vi precede la costituzione spaziale e volumetrica: basterebbe ciò a farceli definire prototipe. Ma l'uno e l'altro incorrono nello stesso errore: si privano di un'entrata. Per salire alla rampa del Guggenheim, bisogna prima prendere un ascensore. Corbu avrebbe per contro imposto di passare sotto a una foresta di pilotis prima di raggiungere un centro attorno al quale sviluppare la costruzione. Né l'uno né l'altro sviluppano un'immagine di rappresentazione mediante il loro accesso. Esso richiede dunque un suo cerimoniale, esattamente come l'entrata di un palazzo, al quale si richiama il museo. L'immagine del museo si risolve nella hall d'entrata, alla cerniera fra interno ed esterno. Occorre creare uno spazio pubblico d'interfaccia, un corpo che faccia parte della città e da dove si possa, al tempo stesso, riconoscere la totalità del museo.
D'altro lato, la situazione assai particolare del Musée de l'Arles antique, quasi una penisola in cui s'inserisce un circo romano che un'autostrada taglia dalle città vecchia, mi ha consentito di sviluppare il concetto di un museo che deve indirizzarsi anzitutto alla globalità di un territorio. Ma, piuttosto che sottomettersi all'analisi urbana, era necessario che il museo, che agisce solamente su se stesso, assicurasse una nuova composizione a partire dagli elementi del paesaggio, che operano una profonda modificazione dello spirito del luogo, attraverso la propria autonomia architettonica, senza citazioni né chiacchiere.
La figura triangolare rispondeva a queste esigenze primordiali. Le sue direzioni riprendevano i dati del territorio, per integrarli in una nuova composizione. La faccia tangente al circo ha il ruolo di fondale, mentre le altre due ridisegnano il tagliamare della penisola. Lo svincolo del terreno permette all'edificio di stabilire un dialogo fra il circo e la città veccia. L'autostrada assume allora il ruolo di viadotto, e penso ch'essa ritrovi la regola instaurata dal muro del Cimitero sul Campo dei Miracoli di Pisa: di diventare, cioè, un elemento unificatore del paesaggio. Si trattava anche di fare del triangolo, figura stabile e indeformabile, perfettamente chiusa su se stessa, una struttura aperta. Così, si sviluppa ad elica, sia che venga a cercare letteralmente la città --ed è la testa cercante dell'entrata-- sia che autorizzi un futuro ampliamento. Perché la figura non giri su se stessa, occorre anche ch'essa trovi, come per la cucina, un punto di ancoraggio: il patio centrale, è addossato alla facciata verso città dalla perpendicolare della scala che porta al tetto.
El triangolo ha altre virtù. Permette, ad esempio, un eccellente fluidità dei percorsi. Tutto, in esso, converge in un punto, attorno al quale, inoltre, tutto ruota. I circuiti di visita si organizzano attorno al patio e in tutti i casi entrata e uscita sono nello stesso luogo. Il patio, infine, assicura le trasparenze e controlla la luce naturale (la scala serve allora da frangisole). Gli altri apporti luminosi sono direttamente legati alla museografia. Le pareti esterne servono dunque di scudo, contro il sole o il mistral.
Il museo non è però chiuso. Al contrario, le facciate nel loro sviluppo orizzontale esasperano l'inquadratura del paesaggio: cercando di dargli senso. Un triangolo non può venir capito in elevazione, due dei suoi lati essendo sempre nascosti. Solo l'unità supposta delle pareti permette di ricostituire quella dell'insieme, come i frammenti romani testimoniano di un'unità spezzata. Il tetto solo cela in sé l'immagine del triangolo. È dato come un suolo, accentuato dal rivestimento di terracotta, e lo si scopre a partire dal belvedere, che permette anche di misurare la città. Come a Sant-Antoine, è il luogo privilegiato del piacere: in entrambi i casi, il cielo è più importante della terra.
(Pensieri raccolti da Jean-Paul Robert)
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